Capitolo 20
OGGETTO: ALCUNE BRUTTE NOTTI
Ciao A.
Ti penso molto e mi dispiace se scrivendoti ti impegno a rispondermi. Non è così. Egoisticamente credo di farlo più per mettere tutto questo in parole, per trovare uno spazio lontano dai giudizi a cui siamo sottoposti ogni giorno, per cercare di liberare questi fantasmi, gli uccelli neri su un foglio bianco. Come se la mia mente fosse un enorme barile di pensieri e queste lettere il tubo definitivo attraverso cui defluiscono. Se solo fosse reale come lo è visivamente.
Quando penso a te, immagino che tu sia sulla mia spalla, una guida morale e spirituale che mi tira dolcemente le redini prima di addentrarmi negli eterni labirinti del mio algoritmo cerebrale. Mi dispiace dirti che non sempre ci riesci, anche se a volte devi tirare molto forte e ricordarmi, parola per parola, tutto il lavoro che abbiamo fatto negli anni per farmi accettare l’inevitabile presenza di me stesso: i miei pezzi bianchi e neri che lottano per un posto sulla scacchiera della mia testa.
Se leggete questo articolo è perché ultimamente sto cercando di manipolare il gioco, sapete, la fallacia del controllo, e i pezzi che meno voglio far avanzare stanno per darmi scacco. Ti scrivo perché mi capisci, perché voglio che tu mi dica che tutto è giusto o tutto è sbagliato. Scrivo questa mail perché il me in spalla si è preso una meritata vacanza e ho bisogno di rinnovarlo.
Non ti dico nulla di nuovo se ti dico che ho sempre pensato molto alla morte, soprattutto quando sono convinto di averne meno paura rispetto alla malattia. Ma ora che quest’ultima è più presente nella mia mente da quando voglio diventare padre, temo che un figlio possa cambiare l’unica certezza che pensavo di avere in questa vita: se un giorno mi viene la malattia, se smetto di essere padrone di me stesso, quel giorno morirò. E non so se voglio avere accanto qualcuno che mi fermi.
Grazie per essere sempre lì, sopra la mia spalla.
P.S. “Il pensiero del suicidio è un potente mezzo di consolazione: con esso si riesce a sopportare più di una brutta notte”. Friedrich Nietzsche.